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Lui & Lei

nel magazzino2


di amichetta
26.09.2017    |    954    |    0 9.6
"” --A si! e quale?-- Preparati a una piccola scorpacciata..."
9 Vederlo al di sopra del mio sguardo sembrava ancora più minaccioso. Mi mise la solita mano tra i capelli girandomi la testa all’indietro. Con una voce gracchiante dall’eccitazione gracchiò: ora devi assumere la posizione dell’oca, bocca, collo, gola tutti in linea retta: così, resta così. Apri bene la bocca, e non scordarti di respirare col naso.°° Si prese in mano la verga, la piegò verso il basso e me lo intrappolò negli abissi ardenti della mia bocca. Dopo qualche secondo il gioco si fece duro. Si protratte verso il basso e il cazzo andò giù: fino alla gola per davvero. Era troppo! decisamente troppo, non potevo resistere. Dopo avermelo spinto dentro almeno per metà lo ritrasse per poi spingerlo dentro di nuovo in un su è giù come se mi stesse scopando tra le gambe. Le vivaci incalzate facevano cozzare la cappella fino all’ugola. Al suo contatto lo stomaco fece una capriola. Stavo male. Tentai di liberarmene. Con una mano gli presi il suo tronchetto alla radice e mi resi conto di quanto fosse effettivamente superlativo. Spinsi verso l’alto senza avere successo. Intanto lo stomaco mi fece un salto mortale. Avevo la nausea e sudavo a freddo, stavo concretamente per vomitare. Tolsi la mano dal cazzo e gli arraffai le palle e: strinsi senza clemenza. Questione di sopravvivenza. Sobbalzò come se fosse stato punto da un pungolo elettrico.
L’uomo villoso si avvide, comprese che qualcosa non andava per il giusto verso. Scorgendomi albescente finalmente si decise di liberarmi lo stretto valico. Stavo seriamente male. Tossii, qualcosa mi era andato di traverso. Dopo pochi minuti l’urto del vomito retrocedette, e seppur con le lacrime agli occhi mi ripresi. -- Ora sarai soddisfatto, ti sei convinto che sono ancora troppo piccola per il tuo enorme tronchetto? Ho accettato di stare con te perché mi sento in obbligo, perché con te ho un debito morale nei tuoi confronti e volevo ricambiare la cortesia: ma tu non hai proprio il senso della misura-- °°E tu non hai spirito di sacrificio: ciò nonostante devo riconoscere che per essere stata la prima volta, di stretta misura, ma te la sei cavata.°° Quel commento elogiativo mi rincuorò, un animo e coraggio che si estinse quando mi prese per la vita e mi girò velocemente. Presi paura quando vidi un avambraccio peloso come quello di un gorilla che mi sollevò dal pavimento come se fossi un fuscello. Con l’altro braccio salì a premermi per i seni con un gesto possessivo. Io tornai a gridare e lui seppellì la sua bocca per potermi succhiare il collo. Braccio peloso commentò: °°Adesso cambiamo tattica°° Quella parola mi turbinò nella testa. No! non voglio! lasciami! Mi dibattei scalciando e sgomitando, ma non potevo farcele contro la sua forza bruta. --Lasciami-- Lui ringhiò: °°dannazione, come sei bizzosa: smettila.°° Il suo cazzo sfrigolava il mio fondo schiena, era così caldo, così duro, nudo e crudo. °°Non voglio! voglio tornare a casa.°° Con tono tranquillo mi rispose: °°Ci tornerai a casa prima però ti scoperò da farti urlare.°° Eravamo ormai arrivati ai margini del divano quando ad un tratto volai per poi caderci sopra violentemente distesa sul ventre. Il mio corpo si era infiammato, i seni erano gonfi e eretti coi capezzoli turgidi e sensibili. Mi coprii il viso con le mani e lo supplicai con tanta commiserazione da mungere latte da una vacca rinsecchita. --Cielo! no! no!-- Restai a bocconi affinché petto villoso non potesse leggere i miei pensieri e scorgere il tumulto che mi possedeva. Le sue dita mi accarezzarono la parte superiore della schiena per poi scendere e soffermarsi appena sopra il bordo degli slip. Borbotto: °°se hai la pelle d’oca! °° E subito dopo: °° Di questi puoi anche farne a meno.°° Provai due taglienti strappi e gli slip sparirono come il vento nella notte. Si chinò sopra di me, la sua bocca calda mi premette prima sulla spalla poi sul collo. --Per favore!-- Lo implorai. --Ti prego non lasciarmi i succhiotti-- Scese giù lungo la spina dorsale seguendone la forma. La sua mano mi palpeggiava l’interno delle cosce salendo fino a quando la sua bocca e la sua mano si congiunsero sul buco oscuro. Trattenni il respiro, un forte calore si diffuse attraverso la mia pelle. Ormai accanito, me lo leccò, poi passò alle montagnole sudate. Lo esortai: --No fermati, per favore.-- °° Mi ritengo fortunato di potermi godere questa vista, hai un culetto divino, m’è venuta una gran voglia di mordertelo°° --Cosa? mordere il mio popò? no! ti esorto a non lasciarmi segni compromettenti-- Quando sarei tornata a casa e mi fossi messa prona per prendermi il cazzo di mio fratello sarebbe nato un putiferio. Ma lui questo non poteva neppure immaginarlo per cui mi chiese. °° E, se è lecito, a chi dovrai farlo vedere il tuo culo?°° Mi aveva presa alla sprovvista. Inventai: --Mia madre a volte entra in bagno mentre sono sotto la doccia, se mi vedesse i morsi andrò nei casini, ti prego stai leggero: e poi perché vorresti farmi una cosa simile?-- °°Perché hai un culo bello teso e sodo come una prugna non ancora maturata, e voglio sentire se altrettanto sodo quando te lo mordo, ma se non lo vuoi posso rimediare.°° Tirai un tiro di sollievo, ancora una volta l’avevo scampata. Ma quando accennai di muovermi da quella posizione l’uomo villoso mi venne di sopra a cavalcioni. Appena mi fu sopra sentii le sue mani forti e ruvide che mi smanacciavano la curva delle natiche per poi strizzarmele. °°Hai proprio un bel culetto, piccolo e sodo, sembra di marmo°° --Come il tuo cazzo?-- Mi venne tanto istintivo che mi uscì dalla bocca prima che potessi riflettere. °°Adesso lo è diventato, ora te lo faccio sentire.°° Si sdraio su di me, la sua bocca si incollò al mio collo. Bofonchiò °°Mi piace il tuo odore°° Neanche fossi una cagnetta in calore. Si appoggio con le mani sul piano del divano con le gambe si mise a cavalcioni di fianco alle mie. Piazzò il cazzo duro e caldo come un attizzatoio tra la fossa che divideva le mie chiappe, poi ondeggiando lo adagiò tra di esse. Incominciò a strofinarselo su e giù per tutta la sua lunghezza. Dapprima lentamente, poi aumentò il ritmo . Le palle mi sbattevano appena sopra dove cominciavano le profonde fossette. Aprii leggermente le gambe per raffinare il tocco magico. Arcuai la schiena per ampliare l’adesione con la sua marmorea erezione. Impotente nella morsa del desiderio manipolavo per non dargli la sensazione del piacere che provavo e, mollare le redini era l’unico desiderio che provavo. Nel frattempo, era riuscito da sotto ad arrivare a un capezzolo, me lo tirò e me lo torse finché straziata emisi un grido di dolore che in realtà era di goduria. -- Ahia! basta! mi farai morire.-- Fin dal pomeriggio mi ero surriscaldata dalle riflessioni su ciò che mi sarebbe successo che sommato al massaggio che stava ricevendo il mio voluttuoso culetto e il solletico alle mie grandi labbra, provavo lo stesso effetto di averlo inalberato in mezzo alle gambe. Ogni fibra del mio corpo era tesa nel tentativo di dominare l’estasi più completa che mi stava raggiungendo. Non era che un orgasmo mi avesse impedito di continuare a fare sesso, ma non potevo godere, sarebbe stata una ammissione lapalissiana. Avrei dovuto immaginarlo che il mio corpo avrebbe reagito al contatto di un uomo così audace, ma come facevo a saperlo? Mi aveva spiazzata, avevo previsto che mi fosse saltato addosso e con una rabbiosa stuprata me la sarei cavata. Cercai di mostrare una finta indifferenza e indirizzare i pensieri altrove, ma quella non era la situazione ideale per riuscirvi. Ad un tratto un pensiero mi attraversò la mente: e se anche lui avesse avuto un suo progetto? Perché no! Tutto collimava. Portarmi al culmine della crisi e senza che fossi interpellata né coinvolta, si sarebbe valso di quei trenta secondi in cui sarei stata totalmente indifesa e esposta alla sua morbosa voluttà. Mi sarei trovata davanti al fatto compiuto di trovarmi la testa del suo cazzo ben conficcata nel mio angusto retrobottega.
10- E siccome non aveva le spalle, nel tentavo di espellerlo mi sarei cuccata tutto il resto. Poi: e adesso monta in sella e pedala! Tempo addietro l’avevo messo a conoscenza di essermi tolta una parte di illibatezza e tanto per compitare la bimba con un nuovo gioco, per mero divertimento avesse deciso di alleggerirmi della seconda: quella dello stretto sentiero. Verginità della quale io non ero proprio intenzionata a rinunciarvi. Con quel pistolone poi! Mi avrebbe aperto un cratere senza possibilità di rimarginazione e il mio sfintere non sarebbe mai più ritornato nella sua immacolata perfezione primordiale. Mi si contrasse violentemente lo stomaco raffreddando all’istante la mia brama. Era troppo! --lasciami andare!-- gridai. Non potevo permetterglielo. --Aiuto! soffoco, mi stai schiacciando!-- Dovevo sottrarmi a quell’imminente disastro. Tentai di girarmi per dispormi supina e l’uomo peloso contrariamente al mio presagio me lo stava consentendo: un ingrediente che ridimensionò l’ipotesi riguardante l’essere inculata. Ma mentre mi girai con un’abilità da farmi pensare che l’avesse fatto centinaia di volte, le sue ginocchia si intrufolarono tra le mie. Mi ritrovai con le gambe aperte con lui sopra di me, totalmente disarmata e a sua disposizione. Mi portai repentinamente una mano tra le gambe decisa a difendere la mia topa pelosa come un portiere avrebbe difeso la porta della sua squadra e lui subito ci appuntello sopra la sua possente erezione. Lo guardai con gli occhi sgranati mentre il suo sguardo rivelava quanto fosse consapevole dell’effetto suggestionante che mi suscitava. La sua bocca si unì alla mia che tremò leggermente ma non rispose e lui indispettito mi morse il labbro inferiore. Sbattei la testa a destra e a sinistra in segno di disapprovazione: --non ti voglio! Mi chiese. °°Hai preso la pillola?°° --si!-- °°hai rispettato le regole? °° --scrupolosamente.-- °°è forse la mia età che ti disturba? °° --No! non voglio essere scopata e basta. Questa sarebbe la mia prima volta e temo che mi farai tanto male! non capisci che ho una paura del diavolo!-- °°Abbi pazienza bimba: e di cosa se è lecito saperlo. E poi da quanto mi hai riferito hai già avuto una prima volta.°° -- Si! ma tu ce l’hai molto più grosso, troppo lungo e io sono ancora troppo piccina, non sapevo che gli uomini l’avessero uguale a quello dei cavalli.-- Non riuscì a trattenere un sorrisetto tra i baffi, non v’era maschio che non si inorgoglisse nell’essere adulato per le sue misure. °° Piccoletta mentirei se affermassi di non essere contento di vederti soffrire un pochino, ma non ti ho portata qui per torturarti ma per divertirmi. Non voglio che la situazione si complichi da bruciarmi le ali, perciò rilassati e facciamo quello che siamo venuti a fare. E di sicuro non sei troppo piccola, hai l’età giusta per incominciare a goderti le gioie e i piaceri della vita; e poi, cosa ne sai tu di cavalli? °° Quella osservazione era prevedibile come il sorgere della luna. Intanto che lui continuava a strusciarsi la verga sulla mia mano io gli raccontai a grandi linee una storiella che mi era realmente accaduta. --Un giorno in cui ero ancora bambina accompagnata dai mie genitori, ci recammo a fare una escursione a una fiera agricola della zona nella quale non poteva mancare la mostra degli animali. Durante la visita, quando arrivammo agli equini, proprio davanti a me, da sotto la pancia di un cavallo spuntò un manganello simile a un salame casareccio. Ero puramente infantile e non ne sapevo nulla di organi maschili, ma compresi che quello era lo scettro che distingueva orgogliosamente i maschi dalle femmine. Pur tuttavia la natura magistralmente fece il suo corso. Rimasi impressionata, in uno stato di torpore, e quando mia madre se ne rese conto mi prese per mano e mi trascinò in un altro settore. Da allora, tutte le volte che vedo un cavallo lo scruto sotto la pancia e il tuo salame mi ricorda quell’episodio: ma gli uomini ce l’hanno tutti così?-- °° No, no non siamo tutti uguali, come del resto non lo siete voi donne.°° --Si, è vero, un giorno andavo in bici con la mia amica quando venimmo sorprese da un acquazzone. Arrivammo a casa sua tutte bagnate, così per non beccarci una polmonite corremmo ai ripari facendoci una doccia calda. Io per pudore rimasi in mutande, invece lei molto più disinvoltamente si spogliò nuda. Spronata da lei, non senza vergogna, dovetti imitarla. La curiosità e sempre stata una delle mie tante magagne, così ne approfittai per compararmi. Rimasi scioccata quando scorsi che in lei si intravedeva un soffice e stretto incavo tra graziosi riccioli che si perdeva tra le sue gambe. Quando poi si protese in avanti e mi mostrò la prospettiva della parte posteriore mise in mostra una montagnola assomigliante a una prugna tagliata a metà, piena e soda con una stretta insenatura che la divideva. Sembrava invitare ad essere toccata. Al confronto la mia appariva come una screpolatura lunga e frastagliata che pur essendo imboscata in una folta peluria incolta e nera emergeva dando l’idea di una foglia di insalata spappolata. Quel giorno me ne tornai a casa mortificata: temetti di essere nata difettosa. -- Escludendo l’acquazzone la storia corrispondeva alla verità. Tra me e me mi tornò alla mente quello che mi disse il mio primo giovane stupratore: “sei tutto pelo e tutta figa”: ma a lui non lo dissi. °°Aggiungerò una postilla al tuo dossier, da come me l’hai raccontata sembri essere una lesbica°° --Lesbica? cosa vuol dire? no, sono solo invidiosa. -- °°Be’! sai che ti dico? adesso mi hai proprio incuriosito.°° Compresi che era arrivato il mio turno di sottopormi alla sua volontà; pochi minuti ancora per attuare il piano che avevo precedentemente architettato e avrei dato corda sciolta alle sue manovre. Mi prese la mano con cui mi proteggevo il caposaldo della virtù e me la strattonò portandomela sopra la testa. Nel momento in cui mi saettò come un lampo sopra gli occhi la scrutai per verificare se fosse tinta: non v’era traccia di rosso. Ottimo, mi dissi e sospirai. Con l’altra mi dibattevo in un tafferuglio che durò brevi istanti poiché me la prese e me la immobilizzo insieme all’altra tenendomele con una sola mano. Mentre tentavo di dibattermi sentivo contro il ventre il calore eloquente della sua arma cieca e vigorosa. Con la mano che aveva libera mi sfiorò il davanzale, poi scese per un fianco per finire tra le mie cosce. Si insinuò tra le pieghe della mia frastagliata fenditura poi pucciò dentro le dita ai miei umori. Gemetti. Girai i fianchi opponendomi a quell’esplorazione. °° Ha!°° esclamò lui trionfante, °°qui c’è del bagnato: sei grondante, la piccoletta è già pronta per essere infilzata.°° --No! lasciami.-- °°Lasciarti? cosi? ma ce l’hai una idea di quanto sia difficile per un uomo stare appiccicato a una puledra ritrosa tutta nuda e grondante alle prime armi e non agire di conseguenza?°° Lo sapevo eccome, anche il mio corpo rispondeva alle sue esperte piacevolezze nonostante il mio distacco emotivo. Se fossi stata al suo posto l’avrei desiderato con la stessa intensità: ma forse avrei voluto ancora di più. Insistetti, --allora non mi lascerai andare.-- Evidentemente eccitato con voce roca mi rispose. °°Non posso lasciarti andare, ragazza testarda, smettila di inventarti pretesti.°° Le sue dita ormai scivolose trovarono l’ineffabile punto e incominciarono a brancicarlo. Scompigliata, con fittizia malizia, nel simulato e reiterato tremore sollecitato dall’eros della prima volta ma timorosa di perdere effettivamente la testa mugolai. --No! così non vale!-- °°Piccoletta imparerai presto che nel sesso tutto è lecito.°° Impotente nella morsa del desiderio, abilmente manipolato, tentai inutilmente di serrare le gambe. Non lo diedi a vedere ma ormai avvertivo la testa del suo cazzo ammollarsi nell’alveo della mia porta d’accesso.-- °° Allora? sei pronta? mi vuoi?°° -- No! Si! Solo se mi prometti che se mi farai molto male ti fermerai. -- °°Vada per il molto.°° Lentamente la sua testa turgida e morbida iniziò lo stesso dei precedenti lascivi esploratori. Appena la percepii all’interno emisi un urlo disumano e diedi una vigorosa sterzata contorcendomi come una salamandra prima da un lato poi dall’altro senza peraltro liberarmi del mio ospite che si era ormai insediato.
11. °°Che c’è! stai buona!°° --Ahi! ahhiaa! che male! mamma, aiuto! ohi! brucio! brutto porco, toglilo subito da lì -- I suoi occhi scintillavano di divertimento. Mi guardò accigliato e mi fece una ghignata °°Non ci penso nemmeno, ce l’hai dentro piccoletta e te lo terrai; grida pure quanto vuoi, tanto nessuno potrà sentirti. Stringi i denti che quando sarà finita la faccenda la metterai ammollo nell’acqua fresca e ti sentirai subito meglio.°° Con quelle disperate acrobazie speravo di aver intorpidito le acque, gettarlo nell’incertezza di aver o no “separato l’unione delle due soffici sponde” pur senza averlo percepito: una strategia per fargli constatare l’effetto senza averne assaggiato la causa. Che altro potevo tentare? Mi portò la mano che aveva libera sotto il mandolino per dare al suo obbiettivo una inclinazione più confacente, poi riprese la salita dentro lo stretto e oliato cunicolo. Piano, piano l’imbocco si aprì e le mie carni vive si dilatarono al passaggio di quella dura ma vellutata testa d’ariete che aderiva con tutte le mie rigaglie.
L’uomo peloso non aveva la focosa impazienza tipica della lussuria che dominava i giovani che l’avevano preceduto. Si muoveva con quella calma e quel controllo assoluto dei quali mi meravigliavo e che segretamente invidiavo. Me lo spingeva ritmicamente a piccoli tratti poi lo ritirava per poi risalire e guadagnare campo d’azione. I miei polsi ancora stretti nella sua mano e premuti dal suo peso mi doloravano. Ancora una volta lo implorai. --Le mani, mi fanno male, lasciami, ti prego!-- °°Solo se mi prometti che non infierirai su di me.°° Non avevo più motivo per osteggiarlo, ormai era entrato in me e non avendo più nulla da perdere tanto valeva partecipare. --Te lo prometto, starò buona.-- Sapendo di avere l’accesso ben aperto tesi i nervi come le corde di un violino, contrassi spasmodicamente i muscoli del sesso per rendergli stretta la via: per quanto mi fu possibile. La mano che mi teneva sotto il culo si mise a giocare capricciosamente. Stremata dalle mie prove atletiche e rimandi di ogni genere, presi a rispondere alle sue profferte e cominciai a sentire il desiderio e l’ardore crescere. Quel coinvolgimento mi fece sbottare e saltai il fosso. Il pungolo del piacere e del suo dolente compagno stavano per possedermi. Mi sfuggì un gemito, i miei fianchi presero ad ondeggiare senza posa. L’uomo villoso fece scivolare l’organo copulatore più in profondità. Povera me! stavo per esplodere come una granata. No! non volevo, non potevo godere! Avrei decisamente voluto evitare quella nefasta evenienza. Temevo che rendermi tanto disponibile lo avesse disgustato apparendo ai suoi occhi una sgualdrina. Esclamai: --no! fermati! ti prego! no! no! Un fuoco infernale mi possedette. Una pietra cadde nel mio ventre. Le onde si fecero intense. Oh! ohh! ohhh! L’orgasmo mi raggiunse con la velocità di un uccello che si posa sul suo nido. Oh! cielo! A volte come sa essere soave la natura! Rimasi lontana in un tempo sospeso e quando mi risvegliai, seppur non ancora del tutto presente a me stessa, ansimavo di piacere e di sollievo. Mi lamentai, ma con dolcezza. --Che cosa è successo?-- Chiesi concisa. °°E me lo chiedi? si direbbe che sei venuta. Mentre io mi contengo nella razionalità moderando il mio appetito tu ti godi come una troia. Da adesso cambierò atteggiamento.°° -- No! non ti azzardare, io non sapevo, ma che ci potevo fare!-- Quella supplica mormorata lo fece arrabbiare. °° Lo sai quante volte mi hai detto di no? Adesso la finiamo con le tue stramberie, ora preparati a ricevere la parte più grossa.°° -- Quanto ne è entrato finora?-- °°Più o meno la metà.°° --Oh! pietà! mi farai morire.-- Se per morire intendi venire spero che avvenga molte volte. Lo sapevo che con te mi sarei divertito.°° Si sistemò tra le mie gambe per stare più comodo, io alzai le ginocchia e mi premunii aprendo per bene le cosce. Provò a muoversi su e giù e sembrò soddisfatto, poi incuneando la schiena spinse in avanti il suo cono di gelato che spinto in linea retta entrò nel mio tenero e caldo rifugio più in profondità. Aggressivo da aver paura non sembrava sapersi più controllare. E quando al secondo cruento affondo il grosso e duro corpo arrivò nel fondo del sotterraneo provai una fitta come se un gladio mi avesse trafitto il ventre. Urlai a squarciagola mentre lui continuava a spingere mostrando una specie di rabbia.
Sicuramente pensava a una mia simulazione, invece io provavo realmente delle fitte laceranti da credere di non farcela più. Provavo strazio e mi ero severamente spaventata. Avvertivo solo un dolore immenso e accecante che mi spaccava in due il bacino diramandosi in tutto il ventre. Pensai: adesso muoio. Sentii gli occhi rovesciarsi, le forze andarsene e l’enorme forza dell’ariete nel grembo che spingeva ancora. Non so con quale fiato, ma riuscii o credei di aver urlato: --Non ce la faccio più!-- e tentando con le mani di spingere via l’orco cattivo chiusi gli occhi. La sua terribile macchina sputa fuoco continuava a trivellarmi dentro centellinando e gustandosi tutte le sensazioni, mentre io impallidii, gli occhi mi si riempirono di lacrime e il naso mi si otturò. Con gli occhi umidi e rivolti languidamente verso di lui gli chiesi se tanta crudeltà era il suo castigo per aver raggiunto, tra l’altro senza colpa e senza peccato, la vetta del piacere. Non ebbi risposta, ma fui certa che lui, convinto e soddisfatto, ritenesse la causa della mia sofferenza il trionfo che aveva avuto sull’ultimo brandello di quell’ambito tesoro che supponesse mi fosse rimasto, mentre io considerai l’ipotesi che fosse coinvolta la strana alchimia di carta e sciroppo che mi ero infusa. °° Che c’è, hai una faccia da far spavento.°° Vedendomi sull’orlo della disperazione e soffrire di un male troppo vivo, moderò la sua esultanza: si calmò e uscì, almeno in parte dalle mie intimità, confortandomi, oltre che assicurarmi che presto sarebbe stata solo una piacevole reminiscenza. Il dolore si mitizzò e il mondo mi parve migliore. Tornò a chiedermi, mostrandomi un briciolo di compassione che avevo da lamentarmi così acutamente. Gli risposi in tono tranquillo. --Non so: ho provato un male insopportabile, proprio in fondo; capisci? ti avevo avvertito che ritenevo le tue misure troppo pericolose per me che sono ancora piccina. -- °° Forse avevi le pareti del canale appiccicate tra di loro. Io non ho trovato differenza tra la tua tana e quella di una ventenne. Magari un po’ più stretta: ma adesso qualunque sia stata la causa sei una donna fatta. Ora stai meglio?°° --Si, mi è rimasto solo un formicolio, come se tante formiche mi zampettassero dentro.-- °°Riproviamo?°° La curiosità essendo sempre stata un mio vizio gli risposi: --si! sono curiosa di conoscere se supererò il test e a capire quello che mi è successo dentro.-- Ma tacqui sul fatto di sapere nel contempo se fossi stata in grado di fare fesso un veterano con l’ambizione di accalappiare ragazzine. La punta del suo piolo era rimasta al posto giusto, appena dopo i grandi petali. Ripresa dal terribile shock miagolai. --Dai, entra, ma molto lentamente-- Il torturatore emise un ringhio e incominciò a spingere piano, la testa del cazzo superò le piccole labbra facendomelo sentire millimetro dopo millimetro avanzare verso gli abissi infernali ancora infuocati. Dopo non saprei di quanto tempo gli chiesi: --quanto ne è entrato?-- Questa constatazione potrebbe risuonare paradossale, ma per quanto i cazzi fossero lunghi o grossi una volta che li avevo dentro non riuscivo a valutarne le misure: dovevo dedurlo solo dal senso di pienezza. Con la pelle coperta di sudore arcuai la schiena verso l’alto per facilitargli la sforacchiata. °° Più o meno sulla metà, come ti senti?°° Mi domandò con fare preoccupato.
12 --Brucia, ma mi sono abituata-- °°Sei troppo rigida, devi rilassarti o ti farò ancora male. °°Sei pronta?°° Annuii. °Allora vado°° Mi contorsi sotto di lui, intuivo che stava sforzandosi di mantenere il controllo. Digrignò i denti e avanzò nei miei tessuti ancora gonfi e scivolosi. °°Oh, hai la figa stretta come una ganascia, starci dentro è una cosa meravigliosa.°° Quella triviale affettazione mi fece rabbrividire.
Lo sentii quasi subito quando affondò il cono fino all’elsa, tanto da percepire il solletico dei suoi peli strisciare sui miei, intanto io rilasciai il respiro che avevo trattenuto. Avevo preso tutto il suo cazzo senza altri fastidi. Indussi che il doloroso inconveniente fosse stato causato dall’esuberante pistone di carne che funse da stantuffo, il quale spinto con rapidità fece da compressore sul liquame che mi ero introdotta gonfiandomi come un palloncino il profondo del sotterraneo. Un inghippo che non potevo prevedere. La saggezza di mia nonna mi ha sempre suggerito di fare molta attenzione nelle trovate perfide o astute perché il diavolo incita a fare le pentole ma non insegna a fare i coperchi. Ormai era fatta, dovevo solo attenderne la conclusione Esclamò con un ghigno di compiacimento. °°Tutto sommato non sei poi tanto malmessa, puoi sopportare il resto°° Gli stavo chiedendo -il resto di che?- Ma le parole mi andarono di traverso perché dopo aver ritirato il pistone, imbufalito me lo riconficcò dentro con un repente spintone che mi sfondò l’inguine. Venni colta di sorpresa e emisi solo un: --ahhia! mi hai fatto male! ma che ti prende!-- Un istante dopo diede una sterzata a destra, poi con un contraccolpo micidiale lo spostò sulla sinistra. Pensando fosse finita stavo per protestare ma mi precedette con un secondo imperioso andirivieni come se volesse entrare in me con tutto il suo corpo. Facendo pressione col suo bacino sul mio disegnò una 0 col cazzo, poi subito lo roteò disegnando un 8. Mi preparai ad incassare altri micidiali colpi ma fu inutile poiché finalmente si arenò. Quello che avevo subito era solo una fotocopia di ciò che era avvenuto nelle due precedenti deflorazioni: una autentica, la genuina avvenuta col diciottenne e una simulata con mio fratello. Quella con l’ultimo visitatore che stavo ancora subendo sarebbe stata la terza, “fasulla”: il cui esito non era del tutto certo e sapevo che le apparenze ingannano e non sempre conoscono il buon fine.
La natura era stata violentissima a mie spese nelle competizioni tra i primi arrivati che mi avevano scopata. Essi non avevano capito che l’unico apporto da me richiesto sarebbe stato quello di garantirmi una illimitata delicata consistenza e vita operativa. Invece si erano persi in riti arcaici ben precisi, patetici e spaventosi come quello di marcare e rendere irrevocabile il loro passaggio al solo scopo di segnare il territorio e assicurarsi di non lasciare niente da “slargare” al un loro eventuale successore. Fu buffo scoprire come operava il subconscio nel mio futuro amante. Docile, trattabile, mite nei preliminari, aggressivo e dominatore nel sesso. Lo guardai dritto negli occhi rigida come una maschera antica e lui di rimando mi chiese:°°cosa c’è ancora!°° --Dimmi come si sente un uomo quando ha appena devastato una innocente fanciulla? °°Perché me lo chiedi°° --Perché io non lo so, perché non me lo dici tu? potente? dispiaciuto? amareggiato? oppure felice e soddisfatto.-- La risposta fu molto vaga. °° La verità sarebbe disarmante e spesso stento a credere a quanto desidero avidamente.°° Non potevo continuare con quell’atteggiamento, non potevo dimostrargli di sapere tutto quello che sapevo per semplice deduzione o avrei manifestato la mia esperienza. Assunsi la mia solita espressione candida. Un po’ confuso incominciò a imprimere il suo conico piolo dentro di me con movimenti lunghi e lenti in un ritmico su e giù. Lo ritirava ma senza snidarlo del tutto, poi lo spingeva dentro fino all’elsa. Dal canto mio puntellai i calcagni sul divano per mettermi nella posizione più consona per facilitargli il pompaggio. La schiena si arcuò e i miei fianchi si mossero all’unisono con le sue bordate per averne dentro di più e goderne il vantaggio. I miei muscoli che si erano rilassati dopo l’orgasmo, ripresero a rispondere ai miei comandi; li contrassi fasciandogli il cazzo che come un guanto lo fecero aderire alle mie asperità. Ad ogni urtata che incassavo tra le gambe provocava un tonfo al quale associavo svariati--ohh!--oohi!--ih!-- Un calcagno mi scivolò dal bordo del divano, ebbi un momentaneo scompaginamento. Portai una gamba sopra allo schienale e con l’atra mi puntellai senza trovare una posizione soddisfacente. Dopo aver inutilmente sgambettato, posai i piedi sopra i suoi glutei, ma essi si muovevano avanti e indietro e mi sfuggivano. Li portai sulle sue reni e mi parve fosse la posizione più consona. Feci pressione e il mio bacino si curvò verso l’alto tanto che ritenne superfluo mantenermi una mano sotto il culo. La tolse e me la fece scorrere lungo il fianco sinistro poi me la posò su di una tetta. La mano era bagnata e sarei stata curiosa di scorgere se fosse stata tinta di “sciroppo”. Da sadico mi strinse la punta della protuberanza conica inturgidita da farmi male. Mi venne in mente la mia amica Dxxx. Lei sì che sarebbe arrivata all’eccesso del piacere attraverso l’eccesso del dolore, ma io non ero Doxx e il male mi dava fastidio. O per dirla meglio mi inquietava il sintomo se non potevo conoscerne le conseguenze. L’avevo supplicato: non mordermi le chiappe, l’avevo pregato di non lasciarmi succhiotti sul collo, ora non potevo proibirgli di sfogarsi su di un virgineo capezzolo. Quella volta mi morsi il labbro inferiore e mugolando resistetti. Allargata a regola d’arte, con cresciuta foga la scopata continuò e io incominciavo a apprezzare quel grandissimo piacere. Il pistone di carne violando il mio caldo pertugio, mi costringeva ad aprimi a quella corpacciuta invasione. A volte lo estraeva lentamente in tutta la sua lunghezza, poi lo infilava d’un sol colpo, poi invertiva la successione. Capitava che si fermasse a metà poi ci scodinzolava dentro totalmente padrone di se. I suoi tocchi magici stavano portandomi al culmine dell’agonia, a quegli attimi di annullamento che sarebbero sopraggiunti e la temperatura cambiò. Mi stava scoppiando dentro la foia infumanata. Restai paralizzata quando senza capo ne coda mi estrasse il cazzo dalla bicocca facendo in modo che la punta della cappella le sfiorasse appena le labbra arroventate. Poi. dulcis in fundo, si avvinò al mio orecchio e con una risatina mi schermì sussurrandomi: °°allora che mi dici? mi vuoi adesso?°° Provai il desiderio di ucciderlo. --Oh! sei un uomo orribile, non puoi eccitarmi così poi lasciarmi in sospeso.-- I mie i fianchi si dondolarono autonomamente come per raggiungerlo e averne dentro un pezzetto in più. Ribadii. --ho qualche scelta?-- °° Si! voglio sentirti dire che lo vuoi°° --Ho! mi farai impazzire! si! lo voglio tutto dentro.-- Il suo corpo era incollato al mio dal sudore. Si avvicinò e mi mise la lingua dentro l’orecchio destro.
°°Lo sai piccoletta? non so se te lo meriti il mio cazzo.°° --Ohh no! adoro il tuo cazzo, così grosso, così virile, così duro, lo voglio tutto dentro. Cosa vuoi ancora, non puoi lasciarmi in questo terribile tormento.-- Per lui era solo un trastullo, un ludico passatempo.
13--Te lo darò solo se mi fai una promessa. Avevo il corpo che mi bruciava fino alla radice dei capelli, in quel momento avrei accettato qualunque impegno: forse anche il più oneroso di promettergli il culo. Esagitata gli chiesi: --quale?-- °°Che ci sarà una prossima volta.°° Stava tutto lì? °°Si! te lo prometto, voglio essere scopata dal tuo prodigioso cazzo all’infinto: voglio essere la tua puttana!-- Nemmeno Sigmund Freud mi avrebbe saputo spiegare il perché mi ero lasciata sfuggire quella frase: mai pensata e nemmeno immaginata. Fu un attimo: ma le parole hanno sempre un loro significato. L’odioso, non mi parve tanto sorpreso. °°Te l’ho già detto che sei nata troia, non mi sono sbagliato.°° Ribadii d’impulso naturale. -- Non è vero, sei stato tu a farmici diventare.-- °°E come? se sei stata tu a venirmi a cercarmi°° --E’ vero ma solo dopo essere stata da te accalappiata. Sicuramente ti ricordi quella volta sul furgone quando mi sei saltato addosso come un porco. Tu mi hai fatto sentire sulle cosce il tuo duro gingillo e poi me le hai anche imbrattate di sbobba calda e appiccicosa che io non sapevo nemmeno cosa fosse. E poi, come se non bastasse mi hai pagata, hai comprato il mio silenzio e con lui anche il mio corpo. Quel momento non me lo sono più scordata, l’ho vissuto e rivissuto centinaia di volte e in certi sogni si sovrapponeva a altre immagini di fantasia, e così senza che me ne accorgessi mi sei entrato sotto la pelle fino a rodermi l’anima dentro. E così combattuta dal timore, dal desiderio e il fascino del proibito di provare com’era stare con un uomo adulto, ho preso accordi con te. Prima o poi avrei dovuto porci una fine; cosa credi! non sono mica fatta di legno!-- Con quella battuta terminai a mia difesa la mia omelia. Fu come se l’avessi schiaffeggiato. Mi guardò con un sentimento simile alla pietà. °°Ti chiedo scusa per allora, non so cosa m’avesse preso ma avevo perso la testa; le tue cosce nude così tonde e ben affusolate, quell’odore di sesso che emanavi, in più eri ferita e ti considerai una facile preda. Scusa ancora, di solito non mi comporto così. Quindi hai fatto tutto per me.°° Quel giorno, un’ora prima la mia amica Dxxx con la complicità del cuginetto neodiciottenne avevano deciso di farmi la festa e io avevo fatto carte false per incentivarli. Lui come un animale doveva averne avvertito la fragranza che mi era rimasta appiccicata addosso. I fatti si spiegano sempre, basta dargli il tempo. --Ora sai come è andata.-- °°Certo che tu le sai girare bene le carte, prima non volevi e ora lo pretendi, come si spiega questo voltafaccia?°° --Semplice: quando ti ho visto nudo, così peloso, così virile con quello stravagante scettro ti ho scambiato per un gorilla e ho avuto paura. Ora che non ho più nessun tesoro né virtù da custodire mi spetta di diritto, non credi?-- °°Perché non hai flirtato con un tuo coetaneo.°° --Ci avevo pensato e ne avevo anche adocchiato un paio ma per quanto fossero affascinanti ho temuto per la loro mancanza di esperienza e per quel terribile difetto di vantarsene. Avrei avuto tutto da perdere se avessero fatto una pericolosa indiscrezione, facile a quell’età. Di certo avrebbero divulgato lo scandalo, e dopo poche ore sarei stata sputtanata. E poi a che sarebbe servito? era il ricordo remoto di quello chi mi avevi fatto sentire e provare in quel momento che mi turbinava nella testa e che volevo riprovare. Poi l’occasione ha fatto il resto: ti ho visto e siccome non avevo dimenticato la tua animosa focosità mi sono azzardata. Il seguito lo conosci.-- °°E ora che facciamo?°° --L’hai detto tu prima: quello che siamo venuti a fare: sbattimi e facciamola finita che si sta facendo tardi.-- L’emozione e l’emotività mi avevano sbollita, ma sarebbe bastato sentirmi desiderata e mi sarei riaccesa come una torcia. Il tempo pareva essersi fermato quando le sue mani ripresero a massaggiarmi la pelle scorrendo tra curve e rilievi, tra valli e alture del mio corpo che al loro tocco tornò a vibrare. Le sue labbra si affondarono sul mio collo e pur sulle labbra con voracità e tormento. I miei sensi del piacere trepidavano alle sue sensuali carezze. Laggiù, in fondo, tra le gambe, che qualcosa doveva essersi afflosciato stava riprendendo vigore. Una escrescenza carnosa forgiata solo per me si espanse con lenta abilità e destrezza facendosi spazio tra le mie arrendevoli aperture. Il mio ventre si dilatò e implacabile raggiunse il fondo della caverna. Altre volte ero stata accecata dalla lascivia dando sfogo ai miei istinti carnali, ma non avevo mai provato un bisogno così feroce di abbandonarmi alla sua sfacciata sicurezza. Supina sotto di lui mi ero asservita al suo volere mentre il suo scettro dentro di me si aggradava di tutti gli sfoghi e gli svaghi di cui poteva disporre. Girando la testa mi catturò un capezzolo con la bocca. Leccò la punta turgida’ vi mulinò la lingua attorno e ne assaporò la morbidezza. Gemetti, --ohhh!-- Gli afferrai la testa per avvicinarmelo. Bramavo l’orgasmo con un ardore da crearmi una sofferenza fisica.
Bambinella sembra che il mio cazzo non ti metta più tanta soggezione. --Sììì, mi piace il tuo cazzo, sembrava tanto lungo e tanto grosso invece e attagliato proprio alla mia misura.-- °°Anche a me piace la tua insenatura, calda, stretta e grondante.
Te la voglio leccare, ti voglio leccare il culo, ti voglio leccare tutta.°° --Mi lascerò fare tutto quello che vorrai, ma adesso voglio godermelo intanto che ancora mi brucia dentro.-- Le parole nel bel mezzo della scopata risuonarono come l’afrodisiaco più potente del mondo. ---Oohhh maammaaa!--- Un fiume di lava incandescente si versò nel mio ventre, l’energia fece scorrere il sangue e il cuore mi batté all’impazzata. Le guance rutilanti mi bruciavano e mi dimenai come un anguilla colta all’amo. °°Smettila di dimenarti o non riuscirò più a controllarmi.-- In preda alla collera lo redarguii: --non ti azzardare!-- Si rese improvvisamente conto che quella che accoglieva il suo trofeo non era più la rozza contadinella pastosa e ben nutrita con uova di galline ruspanti in aggiunta a salsicce e pancetta, ma bensì con una donna che dopo essere stata inizializzata alla vita e al piacere ne pretendeva la sua quota. La sublimazione gli fece perdere la sua proverbiale sicurezza che si dissolse come la rugiada della notte al caldo sole mattutino. Per rimediare alla disfatta mi propose: °°cambiamo gioco? ora cavalcami tu.°° --Come? io non so farlo.-- °°Ti insegnerò io.°° --Un gioco nuovo?-- °°Chiamiamolo così°° --Senza regole, come viene viene.-- °°Ok, come viene viene!°° --Proviamo-- Dopo aver perso ogni residuo di pudore, dopo l’aver superato il mio stesso record del tempo dell’esser stata alla missionaria , non potevo non essere in accordo con il suo improvviso capriccio: oltretutto per soddisfare la voglia di qualcosa di nuovo. °°Allora; stendi bene le gambe, le braccia appoggiale sul tuo pancino.°° Ubbidii stendendo le gambe, le mani le portai giù, all’inguine percependo il suo gigantesco manganello ben piantato nell’insenatura. La peluria la captavo come unta e appiccicosa. Intanto lui mi aveva stretta sotto le spalle e ai fianchi. Per un breve spazio di tempo, abbracciata come da un tralcio di vite, il suo peso sembrò soffocarmi.
Il testato terminò quando mi chiese; °°sei pronta.°° --Certo-- Con una rapidità fulminea facemmo una capriola e subito dopo, senza per altro aver snidato l’uccello dal proprio nido, mi ritrovai sopra di lui che supino si era adagiato sul pavimento.
Una acrobazia che gli era riuscita perfettamente, un rovescio che mi fece pensare che l’avesse fatto decine e decine di volte: e forse era proprio così. °°Adesso mettiti a cavalcioni, rannicchia le gambe e mettimi le mani sul torace.°° Io ubbidii senza batter ciglio, ma quando mi vidi le mani sbottai. -- Oddio! sangue, morirò dissanguata-- °°Non dire scemenze, cosa vuoi che sia un po’ di sangue. Adesso datti da fare, devi usare le gambe non le mani, cavatelo e poi spingi, insomma: scopati da te.°° Esitai per alcuni attimi ma avendo come obbiettivo di consumare la mia e possibilmente anche la sua lussuria mi impegnai subito in quel voluttuoso compito.
14-- A fase alternata mi pulii le mani sui fianchi del “sangue simulato,” poi le posai sul suo petto e le gambe iniziarono i primi ritmici movimenti del su e giù. Mentre lui usava le mani per lisciare ogni parte del mio corpo io mi masturbavo sul suo minaccioso spuntone. Assaporai la somma variegata degli effetti dei suoi palpamenti, le nostre occhiate intense fecero scorrere tra di noi una tacita corrente d’intesa. Mi raddrizzai su di lui lasciandomi scivolare verso il basso usufruendo di tutto il peso del mio corpo per prenderlo più in profondità, dentro di me fino a quando la bocca della fornace madida dei miei umori non baciò la radice del cazzo. --Hooo! quanto mi piace! quanto mi sento bella piena!-- Strinsi gli occhi e mi abbandonai per gustarmi quegli attimi. Dentro mi pulsava e lui sospirò a quell’elogio che avevo espresso intensificando il libidinoso momento. Ero rimasta addossata sopra di lui e i miei movimenti si limitavano a semplici spostamenti, usai una mano per palparmi davanti il monticello boscoso del pudore, l’altra me la portai dietro, girai tra le mie chiappe poi andai più giù, sempre più giù fino a trovare la sua borsa che accarezzai e strinsi con delicatezza. Grugnì quando la mia figa si strinse come un palmo attorno al suo filetto di carne rotonda. Ormai stavo raggiungendo il livello di guardia. L’uomo macchina che sembrava fatto solo per distruggere, palpitante, mi prese per i fianchi, e come se fosse un uomo invasato prese a scoparmi con spintoni verso l’alto che mi fecero sobbalzare. Gridai: --s ì ! c o s ì! sbattimi! scopami all’infinito--. Parve che nella fessura mi fosse entrato il bagliore dei carboni roventi, portai indietro il capo sporgendo in avanti i seni gonfi. Il mio corpo serrò attorno al suo con contrazioni violente mentre lui mi penetrò più profondamente. Ormai vedevo solo bianco. Profondi brividi e rumorosi sospiri annunciarono l’arrivo del piacere estatico. Cerchi concentrici mi invasero e come bordate si espansero nel mio ventre coesi a spasmi e grida. Hooo! quanto avrei desiderato in quel momento assaggiare quel grandissimo piacere, l’ultimo, quello che si prova quando uno getto bollente sprizza in un corpo eccitato. Ma non accadde; e venni trascinata via dalla corrente. Al mio risveglio mi sentivo le guance arrossate. Accoccolata sul suo petto manifestavo un sorriso beato e come una micia che si strofina: mugolavo. Sussultai quando nel brusco risveglio mi ritrovai tra la braccia pelose di un mostro. La sorpresa durò solo un attimo, la propaggine ancora soda e ben innestata nella mia dimora dell’indecenza, con un caldo fluire mi portò a una rapida realtà. Ruppi il silenzio con: --ma tu, non vieni mai? perché non mi sei venuto dentro!-- °° Non voglio venirti dentro piccola, perlomeno non ancora°° --Ma allora a che serve la pillola?-- °°Serve, serve, è un sicurezza in più, ma è troppo presto per correre rischi°° --Allora che facciamo? sono stanca e si sta facendo tardi-- °° Con te che mi cavalchi io non finirò mai, dobbiamo cambiare posizione.°° Provai un brivido, forse per il freddo o forse per quello che mi tornò alla mente. Nel postribolo non aleggiava nessuna atmosfera romantica, l’appendice che ci innestava aveva azzerato cultura e età, per cui con un affiatamento che non avrei mai ritenuto possibile mi venne di dirgli: --montami! come fa il toro con la vacca.-- Mi guardò con uno sguardo significativo, come se non avessi tutte le rotelle a posto. °°Cosa diavolo ne sai tu del toro?°° Gli raccontai un'altra delle mie rimembranze infantili. Autentica! --Ti ricordo che provengo dalla campagna. Una mattina quando ero ancora bambina litigai con mia madre, la quale mi sgridò e io per risentimento, come era accaduto in altre numerose occasioni, uscii di casa e mi rintanai nel solito boschetto che avevo scelto come refugium peccaturum in riva a un fossato e li ci stavo nascosta fino a quando mi sarebbe sbollita la rabbia. Accovacciata tra i cespugli scorsi mio padre che scortava una manza. Arrivato in un certo posto la fece passare tra due staccionate adiacenti tra di loro, poi la legò e se ne andò. Nulla di sconcertante fino a quel momento. Ma quando ritornò aveva con sé un giovane torello che impaziente sembrava essere lui a trascinare mio padre. La cosa si fece curiosa. Così, nel segreto aspettavo gli eventi che non tardarono. Al bovino ad un certo punto gli spuntò da sotto la pancia un bastone lungo una sessantina di centimetri luccicante di color rosa chiaro. Puntò dritto verso la vacca che sembrava ignara di quello che le stava aspettando. Il toro poi alzò i piedi anteriori e li appoggiò sopra la vacca che sembrava non essere tanto disponibile. Li avevo proprio di traverso davanti a me e potei scorgere la punta del manganello cercare la fessa della vacca e appena l’ebbe individuata si precipitò in avanti affondandolo tutto in lei in un sol colpo che poveretta inarcò la schiena e emise un compassionevole muggito. Il toro imbizzarrito puntò i piedi posteriori e continuò a spingere a strattoni senza tregua ne remore nel di dietro della vacca. L’operazione durò pochi minuti nei quali io assistetti a quello spettacolo esterrefatta, vissuta trattenendo il respiro per non farmi scoprire. Poi il toro smontò dalla vacca e ritirò il suo bastone. In seguito, con molta calma trainato per l’anello che aveva al naso da mio padre, riluttante, se ne andarono da dove erano venuti. La manza restò con la testa bassa come se non avesse compreso quello che le era accaduto. E nemmeno io l’avevo capito, ma la scena mi rimase impressa per tanto, tanto tempo e solo crescendo me ne diedi la delucidazione.-- Così finii di raccontare una mia vera reminiscenza. Lui esordi: °°e’passata tanta acqua sotto i ponti ma sembra che quell’episodio te lo ricordi molto bene, e chissà quante volte l’hai rivissuto, e adesso vuoi provare la stessa emozione.°° --Si! montami come hai fatto con quella ragazza, li contro il termo, ricordi?-- °° Certo che ricordo, ma constato che sei incline a memorizzare le situazioni estreme.°° Poi dichiarò senza tanti mezzi termini: °°Di bene in meglio, avevo una mezza idea in proposito, ma con te apporterò una postilla, una variante che apporterà un finale “appetitoso.” --A si! e quale?-- Preparati a una piccola scorpacciata.°° --Ohh, mamma aiuto!-- No bambinella, tocca a te; questa volta tua madre non potrà soccorrerti. Adesso ti darò quello che ti meriti e soddisferò la tua cupidigia.°° --Ma che ho detto? ho solo voluto essere genuina.-- Mi rispose affabile: °°Sì, sì lo so carina, apprezzo le tue lodevoli intenzioni e voglio dimostrarti le mie, vedrai che alla fine ti saranno state utili.°° L’uomo diuturno si era fatto serio in faccia. °° Su, da brava, alzati che cambiamo posizione.°° Stordita, con un delizioso languore diffuso in tutto il corpo mi spostai verso l’alto il cazzo mi uscì dalla tana con un ploff. L’avevo tenuto dentro per tanto tempo che le pareti rimasero scostate tra di loro e io mi sentii svuotata. Rimasi in ginocchio al suo fianco, eee: sbottai --ma m ma mia! quanto sangue: bruto! mi hai devastata!-- Avevamo entrambi le zone basse imperlate di rosso. I suoi peli erano inzuppati, il bastone ne era rigato. Avrei dovuto intervenire prima che potesse accorgersi che non era sangue ma “sciroppo”. Le finestre erano semichiuse e la luce che ne filtrava era sottesa confondendone l’aspetto. Alterata attestai: --ohh, il sangue mi suggestiona, meglio che lo tolga subito prima che svenga.-- Sogghignò, come se si chiedesse se avessi bisogno di una vista psichiatrica. Mi guardai attorno e l’unico indumento che mi apparve utile furono gli slip che mi aveva strappato. Con una manovra me ne impossessai e iniziai l’opera di mondatura. Mi misi di spalle impedendo a lui di vedere quello che stavo facendo. Mi diedi da fare partendo dal suo invitante eremo. Girai il tessuto attorno alla cappella pulendola scrupolosamente, poi scesi e arrivai alla base, infine fu la volta delle palle e tutt’attorno. Quando ebbi terminato era ritornato del suo colore primitivo e solo la cappella era rimasta rossa, ma del suo endemico colore: pronta per essere di nuovo adoperata. Passai alla mia bernarda. Con la parte degli slip rimasti ancora immacolati, dopo una sequenza di delicate e impegnative manovre tornò ad essere linda, senza macchia e senza peccato, conforme alla regola di una donna ormai fatta. Gli slip “sciroppati” li misi in disparte. Dissi a lui in trepidante attesa del gran finale:
15--questi li porterò con me, li laverò, e quando sarò grande e godrò della mia autonomia li metterò in quadro con la dicitura: “a ricordo di un giorno memorabile.”-- Il gran maestro seppur esperto nel ramo era scivolato nel mio perfido trabocchetto, e se c’era cascato lui qualcosa mi suggeriva che avrei potuto ripeterlo senza perplessità con rampolli scarni di “esperienze lavorative” ogni qualvolta se ne fosse presentata l’opportunità: ma lo scardinamento del mio scrigno non si era ancora concluso. La suspense dell’attesa non fece altro che innalzare la soglia del suo desiderio. Appena ci fummo mossi mi prese per i fianchi, mi sollevò come una piuma e mi depose in ginocchio sul piano del divano. Mi mise una mano dietro la nuca e mi affondo la faccia nel basso dello schienale. Sembrò essere diventato focoso e incontrollabile, tanto che passò subito all’arrembaggio. Girai il capo e lo guardai con la coda dell’occhio come se non sapessi cosa aspettarmi da lui. Per un attimo intravidi dimenarsi l’arma del misfatto scintillante proprio davanti ai miei occhi.
Mi morse, mi leccò la schiena e dopo aver seguito la linea della spina dorsale arrivò innanzi a quella parte che parve fosse di suo interesse, la palpeggiò con quella abilità dovuta alla lussuria che rende i cerimoniali inutili e noiosi. Mi pizzicò, mi esplorò, mi maneggiò in varie zone, poi mi divise le chiappe e si soffermò con la lingua sull’orifizio più segreto: lavorò con la punta arrotolata come se volesse farmela entrare nell’antro tenebroso. --Ma che mi stai facendo? smettila mi fa senso!-- Sculettai per liberarmene. °°Bambinella, dovrai imparare che quando la bufera impervia tutti i rifugi sono idonei.°° Mi aprì le natiche come per aprirsi un varco per inserirci la sua arma furiosa. Lo anticipai dicendogli. --Guardami! e dimmi cosa vedi.-- Ho sempre provato un piacere indefinibile nel mettermi in mostra. °°Vedo una spaccatura frastagliata che assomiglia proprio a quella di una vacca.°° --Ma io non sono una vacca!-- Si che lo sei, sei una vacca a due gambe e una intenzionale sgualdrinella, e io esaudirò la tua aspirazione di divenire anche puttana: la mia puttana personale.-- Pronunciò quelle parole con cautela come se le stesse soppesando, ma in un tono affettuoso: senza disprezzo e senza volgarità. E, quelle parole mi infiammarono. Azzardai con: --allora scopami come si scopa una vera troia.-- Mi sistemò a gambe divaricate, mentre io facevo del mio meglio per compiacerlo. Mi appoggiò la testa dell’arnese al posto giusto, proprio davanti all’ingresso principale previsto dalla natura. Lo avvertii appena come una presenza fisica scostarmi le labbra con una deliziosa rigidità che mi fece fremere nuovamente. Poi mi afferrò per i fianchi e spicciativo e irruento, stimolato dalla frenesia, mi conficcò dentro tutto quello che ne restava fuori con una vivacità paragonabile solo alla forza dell’uragano. Emisi un sonoro rantolo di disapprovazione. --Ohiuu, perché mi tratti così male?-- Una fitta mi offuscò la vista, ma dopo una serie di violenti affondi mi passò subito dolore e disagio. Quando sentii sbattere i testicoli contro l’inguine fu il segno inequivocabile di averlo tutto d’entro. °°Non fare l’innocentina, non volevi giocare alla vacca e il toro? ti sto accontentando, ti che ti lamenti?°° Gli affondi si susseguirono senza tregua e dentro di me si stavano scatenando folte schiere di spiriti ardenti. L’uomo che aveva dimostrato grande freddezza e controllo, dal sorriso radioso e amichevole stava subendo una metamorfosi. Non mi sarei stupefatta se avessi saputo che gli uomini erano fatti tutti così; come l’orda selvaggia che irrompe, distrugge e se ne va. La curiosità mi spinse a portarmi una mano tra le gambe per stabilire una seconda relazione fisica con il piolo che mi stava stantuffando potendo apprezzare ancora una volta le sue dimensioni eccezionali. Inchiodata con la testa contro lo schienale stavo viaggiando verso una delizia infinita e l’incredibile molteplicità di sensazioni correva verso il premio desiderato, quando una sonora pacca sul culo echeggiò rompendo l’incantesimo. °° Non devi venire, alla prossima pacca voglio che tu ti giri, desidero tanto venirti in bocca.°° A quel punto i miei sensi si erano calmati all’istante. Sconcertata e avvilita commentai. --Ma io non so-- venni bruscamente interrotta. Le gambe mi tremavano. °°Ti dirò quello che devi fare mano a mano, hai capito bene?°° Era eccitatissimo: come invasato. Cosa potevo fare se non ubbidire? Ma ero anche curiosa di capire come sarebbe andata a finire. Lui continuava a penetrarmi profondamente e io assecondavo i suoi movimenti. Dopo avermelo spinto tutto dentro mi frizionava le chiappe e poi riprendeva: ma capivo che le cose stavano cambiando. Dopo alcuni segni di violenta emozione restò immobile, solo profondi sospiri mi facevano comprendere quello che gli stava capitando. °°Ha! haa! haaa!°° La pacca arrivò, me lo svelse con la rapidità del lampo e io mi girai con prontezza il più rapidamente che mi fu possibile. °°Prendilo in bocca.°° Disse all’improvviso. °°Sto per venire.°° Appena fui in posizione strategica spalancai meccanicamente la bocca, ma il cannone che avevo davanti aveva incominciato l’effluvio e il primo fiocco caldo non filato mi venne sparato in pieno volto. Sentii la sua mano tra i capelli che mi tirava il viso verso di se. Il secondo avendo centrato l’obbiettivo me lo ritrovai in gola che ingoiai in fretta per non farmi soffocare dal frenetico flusso degli altri spruzzi che sopraggiunsero. Quando tutto parve finito, con il cazzo ancora in bocca rivolsi lo sguardo verso l’alto, verso l’uomo che avevo in piedi davanti a me il quale ricambiò con una occhiata inespressiva.
L’uomo coperto di peli ritirò il suo idolo ancora duro e si lascio andare seduto sul divano. Bofonchiò: °°Per essere la prima volta sei stata brava a prenderlo in bocca°° Il gigantesco gonfiore si stava afflosciando e lui tramortito dimostrava più dei suoi quarantatré anni. Aprii la bocca e come una cascata mi scivolò dalle labbra scendendo una parte sul mio corpo e in parte sul divano la restante ambrosia che non avevo trangugiato. La curiosità ancora una volta mi obbligò a scrutare la sua prodigiosa arma momentaneamente innocua e la mia dea bendata volle che la scorgessi macchiata del residuo di “liquido culinario” che mi era rimasto dentro la figa. Quella volta andai in bagno e munitami di carta igienica feci ritorno e lo ripulii accuratamente. Mi guardò stranito. Gli dissi che il sangue era il mio e solo io avrei dovuto maneggiarlo. Quando me ne andai portai con me oltre agli slip strappati e inzuppati, anche la carta: non doveva rimanere traccia del misfatto su cui poter indagare. A lui restò per sempre la convinzione di avermi deflorata e parve essersi divertito ancora di più di come se lo fossi stata veramente. Quel pomeriggio, per non insospettirlo, preferii tornare a casa senza mutande e con la brama ancora addosso, ma in compenso mi trovai misteriosamente in tasca sei biglietti da cinquantamila lire, che per me furono una somma enorme oltre che manna piovuta dal cielo e un ottimo e incoraggiante incentivo per continuare a vederlo. ** Mi rividi con lui innumerevoli volte con il pretesto del lavoro, ma furono più le scopate che le ore passate sui registri contabili. Ne nacque una simbiosi che; anche se per entrambi gli anni d’oro sono tramontati, la storia non è ancora terminata. Alla sua maturità devo molto, forse tutto ciò che di positivo ho avuto nella mia vita.** Per chi fosse interessato potrà ricavarne una idea del seguito che ho avuto con il mio segretissimo intrallazzo leggendo “risposta a una e-mail.”
F I NE
((Lettore se non ti ho eccitato a sufficienza come tu speravi avvenisse, mi dispiace di averti deluso e rubato del tuo tempo prezioso, ma sappi che non era nel mio intento: ho scritto solo perché mi è stato consigliato, perché svuotare il sacco a volte guarisce e non potendo dirlo a chicchessia ho tentato di farlo narrando.)) AMICHETTA






































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